Altro che Fintech: il paradigma "Finto Tech"
Cosa caratterizza una fintech reale da una fittizia: 10 punti seri da seguire... ed un pizzico di umorismo.
Intro
Financial technology (abbreviated fintech or FinTech) is the technology and innovation that aims to compete with traditional financial methods in the delivery of financial services.
Wikipedia si sbaglia.
Forse non siamo ai livelli del conflitto di Bicholim, una fantomatica guerra del XVII secolo che ha avuto spazio per oltre 5 anni su Wikipedia, salvo non essere mai stata combattuta (se non nella fervida e articolata immaginazione di qualche burlone1). Ma comunque sono convinto che ci sia un errore di fondo nella pagina dedicata al fantastico mondo del fintech.
Penso che l’etimologia di fintech sia in realtà duplice:
La prima è quella canonica di financial technology, aziende che fanno un uso intensivo e moderno della tecnologia per competere nei più tradizionali settori legati al mondo bancario e finanziario.
La seconda è la crasi2 tra finto e tech: parlo di aziende che millantano quanto sopra, con la finalità primaria di attrarre investitori sprovveduti. E con il danno collaterale di coinvolgere giovani talenti ingenui in realtà aziendali che di avanzato e tecnologico hanno ben poco.
Ci sono casi più evidenti e casi più nascosti di finto tech. Da un certo punto di vista, riconoscerli mi ricorda i più complessi esami universitari: è facile capire la soluzione una volta che è stata spiegata… ma non lo è altrettanto arrivarci da soli, quando si tratta di analizzare problemi nuovi.
Vediamo alcune vicende incredibili degli ultimi anni e passiamo poi ad una checklist per dare un punteggio di vera fintech ad un’azienda che si spaccia per tale.
I casi patologici
Già nel 2018, il Guardian ha dedicato un articolo al fenomeno delle aziende di pseudo-AI.
Che si tratti di startup nel settore finanziario oppure no, gli esempi citati nell’articolo sono casi perfetti di finto tech. E l’approccio è sintetizzato da questo fantastico tweet.
Sì, avete capito bene, queste aziende hanno ribaltato il paradigma! Tipicamente si usano algoritmi avanzati (o AI, se proprio vogliamo usare questa espressione ) per risolvere problemi non scalabili che storicamente sono sempre stati svolti da esseri umani. Pensiamo ad un chatbot per fornire assistenza ai clienti, che di fatto va a sostituire una parte delle attività di un call center tradizionale.
Ecco, possiamo parlare di pseudo-AI quando una startup sfrutta manodopera a bassissimo costo per simulare un AI che a sua volta simula il comportamento di un umano. Surreale ma credibile, quando sono in gioco milioni di euro/dollari di funding da parte di finanziatori non sempre accorti.
La checklist: fintech vera o fittizia?
Il vero problema del finto tech è però un altro. Non parliamo di aziende che sfruttano “sotto banco” manodopera in paesi del terzo mondo. Parliamo di aziende perfettamente oneste, ma dove semplicemente manca una cultura tecnologica ed una cultura del dato.
Il fantastico Pragmatic Engineer3 ha stilato una lista di 12 punti che caratterizzano una realtà veramente tecnologica. Secondo lui, se un’azienda totalizza meno di 10 non ha una reale cultura in questo senso4. E questo vale sicuramente per gli Stati Uniti e per altre nazioni dove hanno sede le principali aziende tech.
Leggerla da italiano che lavora in Italia fa capire quanto siamo lontani dal vero mondo delle fintech e come spesso rischiamo di trovarci nel finto tech. Ho preso spunto dall’articolo originale, semplificandolo in alcuni punti molto specifici del software engineering e facendo qualche integrazione. Sono arrivato a questo mio personale sanity check per valutare la cultura tecnologica di un’azienda, su 10 punti:
Sviluppo interno. Software, pipeline e algoritmi sono sviluppati principalmente da personale interno, rivolgendosi ad esterni solo per eccezione e comunque su un perimetro ristretto?
Collaborazione diretta. Ingegneri, sviluppatori, data scientist e affini collaborano direttamente o sono sempre mediati da project manager, translators e altre figure intermedie che in diversi contesti rappresentano solo un overhead?
Ruolo attivo di tech/dati. Gli esperti software e dati hanno un ruolo attivo nella definizione del backlog di attività e contribuiscono attivamente alle scelte, anche strategiche, oppure si limitano a ricevere ed implementare requisiti di business, senza alcuna voce in capitolo?
Semplicità dei processi interni IT. Gli iter approvativi per “andare in produzione” sono semplificati (es. prevedono pipeline di CI/CD) o richiedono un alto livello di burocrazia e il coinvolgimento di tanti (troppi) soggetti?
Trasparenza e open-source. Il software prodotto internamente è aperto, visibile e permette contributi da parte di chiunque? (fermo restando l’esistenza di processi autorizzativi per accettare modifiche alla codebase)
Responsabili con background tecnico. I responsabili di team hanno un background tecnico e un’effettiva autorevolezza sulla materia, o sono (come li chiamo io) dei manager general purpose?
Coinvolgimento diretto nei risultati finanziari. Sono previsti bonus sui risultati finanziari e/o azioni (per le aziende per cui è possibile) per le figure tech? Solo a livello senior oppure anche mid o perfino junior?
Responsabilizzazione individuale e remote working. È previsto un buon grado di autonomia sul dove/come lavorare, ad esempio permettendo una certa variabilità sul remote working?
Percorso di eccellenza tecnica. Oltre al percorso di people manager, esiste un percorso di crescita puramente tecnica, che porti un eccellente individual contributor ad avere un ruolo (ed una retribuzione) anche superiore ad un people manager di livello base?
Cultura del feedback e dello sviluppo professionale. Ci sono processi interni per dare e ricevere feedback in tutte le direzioni (up / peers / down)? L’azienda sostiene e finanzia la formazione (tecnica e non) ed ha un percorso di mentoring interno?
Sottolineo che punti come #1 e #8 non sono neanche menzionati nell’articolo originale: in certe realtà, sono dati per scontato.
Conclusione
Mi stupirei se ci fosse un solo lettore (in Italia) che alla fine di questa lista dicesse: “Ok, nella mia azienda siamo a 10 su 10”!
Il vero problema, per quella che è la mia percezione, è che alcuni di questi punti non sono neanche contemplati nell’agenda a medio termine dei CEO di molte aziende che ambiscono ad essere tech. Eppure chiunque lavori col software e con i dati sa quanto siano fondamentali.
Mi occupo di dati e algoritmi e non posso naturalmente cascare nell’errore di confondere correlation e causation. Ma mi limito a notare che la stragrande maggioranza delle aziende tech in US, che stanno creando nuovi mercati o conquistando larghe quote in quelli esistenti, arrivano a totalizzare il 100% o quasi dei punti della checklist originale, come riportato dettagliamente dall’autore nell’articolo già linkato e che per comodità riporto.
Se diamo un’occhiata alle prime 10 aziende americane per capitalizzazione e pensiamo a quanto la tecnologia e i dati siano centrali per loro, forse dovremmo mettere in priorità tutto ciò che può aiutare un’azienda ad essere tech per davvero!
Come sempre, grazie per essere arrivati fino a qui.
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In realtà la lista di bufale su Wikipedia è piuttosto lunga! Questo non scalfisce la mia convinzione che Wikipedia abbia migliorato il mondo.
Ho il dubbio che crasi sia la parola giusta, ma penso che sia concessa un’imprecisione ad un ingegnere che si avventura in disquisizioni linguistiche. Se c’è un termine più adatto, segnalatemelo nei commenti!
Gergely Orosz, ex engineering manager della sezione pagamenti dell’app di Uber, in precedenza in Skype e Skyscanner.
Letteralmente Orosz parla di engineering culture.