Cosa sta succedendo al mercato del lavoro tech, fuori dall'Italia?
Tra aneddoti (pochi) e dati (tanti), si vede che qualcosa sta cambiando nel 2022
Intro
Il mondo dei dati e della tecnologia non ha confini geografici.
È sicuramente così dall’avvento di internet, che ha permesso a chiunque di stare al passo con l’evoluzione tecnologica, indipendentemente da quale sia l’angolo del globo in cui si trovi a vivere1.
E la diffusione del Covid ha dato un’ulteriore spinta negli ultimi due anni e mezzo, favorendo nuovi modelli lavorativi e rendendo mainstream il lavoro da remoto. Non che sia una novità assoluta (soprattutto per alcune professioni, come quella del developer), ma è indubbio che ci sia stato un cambio di passo, su cui tante parole sono state già spese.
Nonostante questo, l’impressione che mi sono fatto da varie discussioni è che in Italia abbiamo spesso una vista idealizzata di quello che è il mondo tech e dati fuori dal Belpaese. Come se avessimo un po’ il paraocchi su quello che succede realmente.
Il fatto è che viviamo in un contesto molto particolare. In Italia siamo meno dell'1% delle persone sul pianeta ed abbiamo grandi peculiarità a livello di:
Cultura tecnologica e scientifica
Mercato del lavoro e tradeoff dinamicità vs. garanzie
Accesso ai finanziamenti e conseguente sviluppo di startup
E al netto di poche eccezioni, siamo un paese in ritardo anche rispetto a quelli che sono tipicamente i nostri benchmark di riferimento, come mostra chiaramente questo grafico.
Detto in termini più brutali: quello che succede nel mondo dell’innovazione tecnologica in Italia è purtroppo (1) poco significativo in termini assoluti e (2) poco rappresentativo di quello che succede a livello mondiale. Quindi se vogliamo renderci conto dei trend del momento, dobbiamo inevitabilmente guardare oltre confine.
Cultura tecnica nel mercato del lavoro e storia recente
Al netto di quanto sta succedendo negli ultimi mesi (che sarà oggetto del resto dell’articolo), il mercato del lavoro tech nei paesi più evoluti è da anni (o da sempre?) molto diverso da quello italiano.
Prendiamo in analisi l’aspetto retributivo, sicuramente uno dei parametri più oggettivi quando si parla di lavoro, che permette di comparare nazioni diverse2.
Confrontiamo ad esempio i dati sulle retribuzioni medie per nazione, forniti dall’OCSE, ed una recente survey effettuata da Code Submit sulla retribuzione dei software engineer. Questo è quello che emerge in sintesi.
Le percentuali vanno lette in verticale sulla baseline italiana, ad esempio: “un lavoratore medio francese guadagna il 20% in più di un italiano, ma uno sviluppatore francese guadagna il 35% in più di uno italiano”.
Questi dati meritano qualche considerazione extra3, ma la sintesi è semplice: le retribuzioni italiane sono minori di quelle dei tre paesi confrontati (nulla di nuovo), ma per chi si occupa di tecnologia (qui rappresentato dai software engineer) va anche peggio! Sono dati confermati anche da altri studi un po’ più datati.
Se andiamo poi sull’aneddotica4, molti data scientists ed engineers conoscono la vicenda di Zach Wilson, che ha fatto scalpore a metà 2022 quando su Linkedin ha dichiarato il proprio percorso retributivo.
Parliamo di un ingegnere che, 5 anni dopo il primo stage e da poco passati i 30 anni di età, ha superato il mezzo milione di dollari di retribuzione annua. Ha poco senso commentare, mi limito a fornire qualche elemento aggiuntivo:
Parliamo di total compensation (stipendio base, bonus e azioni)
È una retribuzione assolutamente credibile nella Silicon Valley
Si tratta di un lead engineer (o tech lead), non di un engineering manager o director
Sicuramente è un professionista competente (e molto social!), ma non rappresenta un guru assoluto della materia
Insomma, che siano dati d’insieme o aneddoti gustosi, la situazione non cambia: quello che succede nel mondo tech oltre confine (e specialmente oltre oceano) è abbastanza inconcepibile in Italia.
L’aria per le Big sta cambiando
Questa era la situazione fino all’inizio del 2022, e in molti sono convinti che sia così anche oggi. E invece… qualcosa sta cambiando, e molto velocemente.
Questo è il contesto lavorativo nelle Big Tech tra febbraio e luglio 2022, brillantemente schematizzato da Gergely Orosz a.k.a. Pragmatic Engineer.
Eh già, tra hiring freeze e layoffs (licenziamenti), la situazione attuale di questi colossi è lontana anni luce da quella di inizio 2022. Per esempio, ha destato un certo scalpore il licenziamento di circa il 10% della forza-lavoro di Tesla, ben riassunto in questo post e che verrà dibattuto in tribunale, vista la differenza sottile tra licenziamento per performance e licenziamento massivo.
Anche per startup e scaleup ci sono stati tempi migliori
In realtà chi sta soffrendo di più sono però le startup.
Il sito layoffs.fyi mantiene un utile registro dei licenziamenti nel mondo tech. Non solo startup in realtà, ma anche aziende tecnologiche ormai consolidate.
Questo grafico spiega bene la situazione: alla crisi del Covid - con le relative chiusure nel Q2 2020 - sono seguiti quasi due anni di grandissima crescita ed investimenti, con licenziamenti quasi inesistenti worldwide nel mondo tech.
L’aria però è cambiata, e si registrano oltre 70.000 layoffs dall’inizio del 2022. In realtà è una sottostima, visto che:
Non sempre questi licenziamenti diventano di pubblico dominio
In alcuni casi viene riportata solo una percentuale, ma non il valore assoluto delle persone licenziate
Facile immaginare che la maggior parte delle aziende riportate su questo sito siano americane. Ma non mancano realtà canadesi, brasiliane, israeliane, e anche parecchie europee, con la Germania in testa. Invece per quanto ci riguarda… non c’è nemmeno un'azienda italiana nella lista.
Questo perché le vere startup tecnologiche in Italia scarseggiano, o perché si cercano soluzioni diverse a licenziamenti massivi? La verità probabilmente sta nel mezzo.
Conclusioni
Quello che sta succedendo negli ultimi mesi nel mercato del lavoro tech è molto chiaro: siamo entrati (almeno a livello internazionale) in una fase di assestamento dopo quasi due anni di crescita sfrenata.
Penso che sia qualcosa di sano, che si rivelerà propedeutico per una ripresa sostenibile della crescita del mondo della tecnologia e dei dati. E del resto, ne parlavamo io e Stefano Gatti qualche mese fa, quando ci chiedevamo:
Il funding senza limiti delle aziende di AI: bolla pronta a scoppiare o inizio di una nuova epoca?5
C’è un altro punto fondamentale da sottolineare. Come emerge chiaramente da alcuni studi americani, nonostante i licenziamenti la “traiettoria” per chi lavora nella tecnologia rimane fortemente positiva.
Com’è possibile? Il fatto è che non esistono solo Big Tech e startup, ci sono anche quelle che qualcuno definisce boring companies…
No, non sto parlando della Boring Company di Elon Musk, nota ai più per aver commercializzato il famoso non-lanciafiamme.
Parlo di aziende tradizionali, con una presenza fisica e non solo online, che sono già in grado di fare utili e che si rendono conto ogni giorno della necessità di potenziare le proprie capacità nel mondo dei dati e della tecnologia.
In un momento in cui le startup più cool soffrono la stretta negli investimenti, faticano a trovare modelli di business profittevoli e si trovano a perdere talenti, queste aziende hanno un’opportunità unica.
Almeno nel mondo occidentale.
Un confronto rigoroso (che a livello metodologico non mi sembrerebbe troppo complesso) è in realtà reso estremamente complesso dall’accesso ai dati, sempre difficile ed intermediato. Nulla di insolito per chi lavora abitualmente con i dati!
Il confronto diretto “in orizzontale” (dati OCSE vs. dati Code Summit) mi sembra poco attendibile, visto che sono completamente diverse le logiche di raccolta dati e ci sono una serie di fattori confondenti. Per esempio, è ragionevole pensare che uno sviluppatore sia mediamente più giovane del “lavoratore medio”. Quindi non mi sbilancerei a dire che uno sviluppatore italiano guadagni meno di un lavoratore medio. Di contro, un confronto intra-fonte dati (quindi “in verticale”) è un po’ più sicuro da questo punto di vista. Un altro aspetto importante è la forte polarizzazione dei redditi in USA, che rende lo stipendio medio molto più lontano dal mediano rispetto a quanto succede in EU.
La cui validità statistica, per un responsabile di Data Science, è pari a zero… ma che ciononostante è sempre divertente.
Nel quinto e ultimo capitolo de “La Cultura del Dato”.