Ctrl+Z: OpenAI e Sam Altman, il più grande "undo" della storia recente... o forse no
Una vicenda da manuale di leadership applicata al mondo delle startup
Original in Italian; automatic translation into English available here.
Intro
Gli ultimi 10 giorni nel mondo dell’AI sono stati inimmaginabili.
Già mi figuro Sam Altman alla notte degli Oscar, chiamato sul palco per ricevere la statuetta per la miglior sceneggiatura originale.
Perché quello che è successo, con tempi strettissimi, repentini cambi di direzione, voltafaccia multipli e tanto alone di mistero, tipicamente appartiene al mondo del cinema più che alla vita reale.
È un vero e proprio undo1, o c’è dell’altro?
Un po’ di contesto
Fino a qualche anno fa, l’oggi 38enne Sam Altman era solamente noto nel mondo delle startup e dei venture capitalists di oltreoceano, in particolare per essere stato presidente di Y Combinator, acceleratore di startup di grande successo.
Il suo ruolo di co-fondatore e poi di CEO di OpenAI lo ha reso definitivamente un personaggio conosciuto al grande pubblico, soprattutto dopo il lancio di ChatGPT a fine novembre 2022, con tutto ciò che ne è seguito nel mondo della Generative AI.
Sam Altman è stato negli ultimi anni il fautore del percorso di OpenAI: nata come no profit capace di attrarre menti come Karpathy e Goodfellow, e sostenuta inizialmente da Elon Musk, OpenAI è poi evoluta in una più complessa organizzazione con una componente for profit ed un forte legame con Microsoft.
Già questa evoluzione fu tutt’altro che semplice: sembra che una differenza di visione tra Altman e Musk sia stata alla base dell’uscita di scena di quest’ultimo nel 2018, con Elon contrario all’abbandono dell’idea di open source (salvo poi seguire quella stessa strada in X, un tempo Twitter, con il rilascio di Grok).
Fino a qui nulla di strano.
Cos’è successo, in sintesi
Una copertura completa degli eventi della seconda metà di novembre sarebbe lunghissima2. Mi limiterò a quelli cruciali e che aiutano a capire il mondo (tech e non) in cui viviamo.
Il giorno del (primo) inaspettato terremoto è Venerdì 17 novembre: il board di OpenAI licenzia Sam Altman con una comunicazione sibillina3.
“Mr. Altman’s departure follows a deliberative review process by the board, which concluded that he was not consistently candid in his communications with the board, hindering its ability to exercise its responsibilities […] The board no longer has confidence in his ability to continue leading OpenAI.”
Contestualmente viene nominata CEO ad interim Mira Murati, già CTO dell’azienda.
Sabato 18 vede forti pressioni da parte degli investitori, favorevoli ad un ritorno di Altman (non dimentichiamo che la sola Microsoft ha investito 13 miliardi di dollari in OpenAI all’inizio di quest’anno).
Ma non succede nulla fino a Domenica 19, quando anzi viene nominato un nuovo CEO ad interim, Emmett Shear (co-fondatore di Twitch).
Tutto finito? Neanche per idea!
È Lunedì 20 quando Satya Nadella accoglie la nuova leadership di OpenAI e… dà il benvenuto a Sam Altman in un nuovo team di AI presso Microsoft.
Segue il giorno stesso una lettera accorata che alla fine verrà firmata da oltre il 90% dei dipendenti di OpenAI, pronti a lasciare l’azienda. Un vero e proprio attacco frontale in cui viene esplicitamente chiesta la rimozione del board - ritenuto incapace di guidare l’azienda e responsabile del licenziamento di Altman in primo luogo - e un ritorno di Altman nel suo ruolo originario (CEO), assieme a Brockman (presidente).
E così avviene, come riassunto in questa simpatica immagine che sarà familiare ai più nerd tra di voi:
Non è ancora tutto finito, ma vedremo nelle prossime settimane quali saranno gli ulteriori aggiustamenti, specie a livello di board.
Per ora il CEO, il presidente e le varie key people (i ricercatori più senior) di OpenAI sono tornate ad essere quelle che erano prima del 17 novembre.
Vincitori e vinti
Sono davvero tanti gli spunti di riflessione, dopo una vicenda come questa.
Innanzitutto, il carisma e l’influenza (di Altman, ma anche di Nadella) hanno vinto in questo momento su tutto il resto, organizzazione societaria compresa.
Sono ben lontano dall’idolatrare questo o quel leader tecnologico (cosa che va di gran moda oltreoceano), ma un plebiscito come quello ottenuto da Altman fa capire come alcuni individui con visione e capacità di esecuzione siano letteralmente adorati non solo da investitori ed opinione pubblica, ma anche da gran parte dei propri dipendenti.
L’altro aspetto che può risultare incredibile in Europa, e soprattutto in Italia, è la presa di posizione di ingegneri e sviluppatori che, nonostante buste paga pesantissime, sono pronti a farsi da parte se vedono la propria azienda andare in una direzione indesiderata o ritengono inadeguato il top management.
Ovviamente stiamo parlando dell’elite assoluta per quanto riguarda i talenti tech… ma anche di persone disposte a rinunciare ad un certo genere di retribuzioni annue. Anche perché sanno che non faticheranno a trovare alternative.
Da ultimo, la vicenda è incredibile anche dal punto di vista di un VC.
OpenAI è stata valutata un mese fa oltre 80 miliardi di dollari. Penso sia la prima volta che un’azienda con questo genere di valutazione cambi CEO per 4 volte in 4 giorni, correndo inoltre un rischio molto concreto di subire la fuga di gran parte delle proprie figure chiave (verso Microsoft) e quindi il crollo verticale del proprio valore.
Ed un pensiero va anche a quella aziende, grandi e piccole, che pensano di legarsi mani e piedi ai servizi (es. API) di un singolo fornitore come può essere OpenAI: che sia l’aggiornamento in versione AI di un processo di una grande enterprise, oppure l’intero business di una startup (costruito on top di queste API), il rischio è quello di avere un single point of failure nascosto.
Insomma, la carta imprevisti nel Monopoly delle startup è sempre in agguato… anche in quelle startup che sono ormai grandicelle!
Conclusioni
Quando ho letto la notizia di Sam Altman licenziato da OpenAI ero a Roma, la sera prima di una lezione che avrei tenuto su innovazione data-driven (e un po’ di AI, ovviamente).
Come un po’ tutti, ho trovato la notizia sconvolgente, ma mai avrei pensato agli sviluppi successivi. Anzi, si facevano largo su molti articoli (e nella mia testa) prospettive di una grande rivoluzione del mondo dell’AI, a favore di alcuni dei competitor di OpenAI.
E magari l’idea di una vicenda simile a quella di Steve Jobs: fondatore di Apple nel 1976, allontanato nel 1985, ritornato nel 1997 e sicuramente uscito “vincitore” in questa sua storia professionale. Invece no: il 2023 non è il 1985, i tempi si sono compressi un po’ per qualsiasi cosa, e anche per ritornare alla guida di un’azienda bastano pochi giorni!
Sicuramente l’enfasi su quanto successo, che negli Stati Uniti ha avuto la prima pagina dei giornali, mostra che l’interesse per il mondo dell’AI non è una moda tecnologica o qualcosa che avrà un impatto marginale, tutt’altro.
Ma anche se siamo nell’epoca dell’AI, mi sembra che ciò che sta determinando il corso della storia (a livello tech e non solo) siano tutta una serie di dinamiche molto… umane!
L’annullamento dell’ultima operazione.
Personalmente ho apprezzato molto la copertura di The Verge e questo recap di Matt Binder.
A tutt’oggi non è chiaro, nonostante le molte speculazioni, a quali fatti si faccia riferimento quando il board parla di una sorta di opacità di Altman.
Articolo molto interessante e scorrevole Alberto. Ottimo riassunto della situazione. In Italia questo avvenimento è stato coperto con i titoli, poco sui contenuti.
Fa specie che ancora oggi non si sappia cosa abbia fatto realmente Altman per essere stato messo alla porta. Se il movente è sulla società capped-profit (associata ad una no-profit), è difficile pensare che non l'abbiano notata prima.
Sicuramente non è stato un weekend tranquillo per Nadella che ora ha dichiarato che si impegnerà per evitare sorprese simili in futuro.