3 idee a cui non credo sulla Generative AI... e qualche scommessa sul futuro!
Riflessioni a 12 mesi dall'esplosione della GenAI
Original in Italian; automatic translation into English available here.
Intro
Siamo circondati.
Con un’operazione di trasformismo degna dei politici più navigati, tanti “esperti” di innovazione (o sedicenti tali) si sono fiondati nel mondo della Generative AI, a cui sono arrivati dritti dritti dal metaverso e tipicamente dopo un recente passato nel mondo blockchain.
Da persona che si occupa di Dati ed AI1 da parecchi anni, a livello professionale ma dedicando anche tanto del proprio tempo personale, questa cosa un po’ mi infastidisce: il rischio è che la Generative AI venga percepita da alcune persone come l’ennesima “moda del momento”.
E non mi stupisce questo scetticismo da parte di alcune persone che conosco, che sono lontane da questo settore e magari si imbattono solamente in qualche talk, intervista o riflessione general generica dell’esperto riciclato di turno.
Invece penso che ci troviamo davvero in un momento di svolta, ma siamo solo all’inizio. Chi ricorda il rumore dei primi modem 56k, oppure ha usato i primi smartphone pre-Android e pre-iPhone, sa che non è facile:
Rendersi conto di essere all’inizio di una rivoluzione;
Intuire quali potranno essere gli impatti a lungo termine.
Penso che abbia ragione chi sostiene che in qualsiasi momento di discontinuità, tendiamo a sopravvalutare gli effetti a breve termine, e a sottovalutare quelli a lungo termine. Vedremo se sarà così anche con l’intelligenza artificiale generativa, d’ora in poi solo GenAI.
Velocità differenti
È importante capire adesso in quale realtà ci troviamo, dato che siamo in una situazione in continua evoluzione e la comprensione di oggi può aiutarci a delineare cosa succederà domani.
Mi sembra che ci troviamo palesemente ad avere velocità e direzioni sostanzialmente diverse per:
La tecnologia alla base della GenAI
La sua regolamentazione che ci aiuta a controllarla
Gli esseri umani in generale
La tecnologia è velocissima, e soprattutto è in fase di ulteriore accelerazione. ChatGPT è stato lanciato un anno fa (fine Novembre 2022), e solo a livello di modelli foundational in ambito Large Language Models questa è la progressione che c’è stata in 12 mesi:
Per la cronaca, la linea blu nel grafico è l’interesse su Google Trends nei confronti degli LLM, mentre ovviamente sono stati omessi una miriade di altri modelli meno rilevanti. E non parliamo delle centinaia di startup nate nell’ultimo anno.
Mentre la tecnologia corre e raggiunge ogni angolo del globo, la regolamentazione è lenta e disomogenea. Sì, stiamo facendo passi in avanti sull’AI Act, che però copre solamente l’Unione Europea ed è focalizzato sull’utilizzo per fini civili dell’AI.
Ma soprattutto, a livello di contenuti è un continuo rincorrersi, in una gara non ad armi pari. Il risultato è che gran parte della regolamentazione fornisce indicazioni, ma non dettagli implementativi, lasciando ampio spazio ad intepretazioni e correndo il rischio evidente di entrare pienamente in vigore in una forma almeno in parte superata dall’evoluzione tecnologica.
Da ultimo, rimaniamo noi, gli esseri umani: ci adattiamo facilmente, ma sotto sotto non cambiamo molto velocemente… anzi, semmai diversi studi sostengono che il cambiamento non è in una direzione di miglioramento. Da almeno un decennio è in corso un declino cognitivo, il cosiddetto “effetto Flynn inverso”, verificato su un’ampia porzione della popolazione statunitense e visibile anche sui test PISA su tutti i paesi dell’OCSE2.
Di contro la tecnologia fa passi da gigante, e algoritmi di GenAI sono ormai in grado di passare i test delle università di elite americane anche sulla componente di comprensione del testo, piazzandosi al 99esimo percentile.
In questo scenario, penso proprio che valga la pena di farsi qualche domanda sul futuro, nell’ottica di restare al posto di guida ed evitare di essere semplici passeggeri in un futuro guidato dall’AI!
Proverò a rispondere a 3 domande sull’impatto della GenAI, o meglio: a rispondere a 3 tesi che non mi convincono fino in fondo.
La GenAI sarà uno “skill-leveler”, appiattirà le differenze?
Ethan Mollick è sicuramente una delle persone che merita di essere letta. Il suo articolo su centauri e cyborg (per quanto riguarda l’uso dell’GenAI!) è sicuramente una delle letture più interessanti che ho fatto nella seconda metà del 2023.
L’articolo (che vi stra-consiglio) spiega l’impatto della GenAI in un test su un gruppo di consulenti strategici. Dopo aver dotato metà del personale di tool di GenAI, si è visto un forte impatto positivo nello svolgere un insieme di compiti, con una peculiarità: a beneficiare della GenAI sono state soprattutto le persone “meno brave”, la cui produttività si è avvicinata a quella dei colleghi più capaci.
Da qui l’idea della GenAI come un livellatore delle capacità.
Apprezzo molto l’approccio scientifico ed il rigore di questa sperimentazione. Il punto è che la consulenza strategica non è certamente rappresentativa né del mondo in generale, né del mondo del lavoro in particolare.
E giusto un mese fa John Oliver, un comico inglese irriverente, ha spopolato con la sua esilarante spiegazione delle particolarità di questo mondo, in una mezz’oretta di puro intrattenimento.3
Tornando seri, io penso invece che, nella stragrande maggioranza dei casi, la GenAI sarà un ulteriore polarizzatore delle capacità dei singoli.
Ci siamo forse dimenticati che più di 10 anni fa, nel 2012, un gruppetto di professionisti di alto profilo è riuscito a sviluppare una app in grado di attrarre anche un milione di nuovi utenti al giorno. Parlo di Instagram: con soli 13 dipendenti, fu acquistata da Facebook per 1 miliardo di dollari.
Rispetto alla GenAI di oggi, eravamo nella preistoria. Oggi chi ha visione e capacità di esecuzione, ha uno strumento in più. Il rischio (per molti) / opportunità (per pochi) è che chi ha una marcia in più veda il proprio vantaggio amplificato esponenzialmente da strumenti di GenAI sempre più potenti.
Quindi l’idea della GenAI come un livellatore… mi pare molto politicamente corretta, ma poco reale. Si pensava così anche dell’introduzione di Internet, di Wikipedia e della diffusione del sapere gratuito negli ultimi 20-30 anni. Ma siamo davvero arrivati in una società più equa, informata, equilibrata… o più polarizzata?
Saranno i tecnici a soffrire di più la GenAI, mentre saranno i lavori creativi ed empatici a “salvarsi”?
Un’idea molto diffusa (e anche qui, molto buonista) è che l’estro, la creatività e l’empatia dell’essere umano siano sicuramente irraggiungibili per quella che è a tutti gli effetti una macchina.
La realtà però è un po’ diversa.
La GenAI ha tutt’ora diverse difficoltà, una su tutte il tema delle allucinazioni. In altri termini, può fornire risposte sbagliate, in tutte le forme immaginabili di errore: può inventare fatti, può fare errori matematici, può non essere in grado di rispondere correttamente a domande complesse, o magari anche semplici.
Quindi dove ci si aspetterebbe il massimo delle performance da una macchina - ossia nel mondo di tutto ciò che è oggettivo - ogni tanto delude. Questo per via delle complessità intrinseche degli LLM e degli altri modelli generativi.
Invece trovo portentose le capacità dell’AI di muoversi nel mondo imperfetto dell’estro e della creatività: potete usare i servizi di OpenAI o il vostro modello preferito su HuggingFace (a me piace Segmind-Vega). Giudicate voi stessi, questa immagine è stata prodotta in pochi secondi, al primo tentativo:
E che dire dell’empatia? Beh, ci sono diversi studi che mostrano come diversi modelli di AI sono più accurati ed empatici di molti medici.
Dall’altra parte, da una rapida occhiata vedo che aziende come Google e Microsoft hanno letteralmente migliaia di posizioni aperte.
Non mi pare che l’avvento della GenAI stia frenando il mercato del lavoro tech, anzi mi sembra molto florido, sicuramente all’estero ma anche in Italia. E il numero dei licenziamenti nel tech sta continuando a scendere dall’inizio del 2023.
È impossibile prevedere il futuro, ma non vedo problemi per chi ha veramente conoscenza e padronanza di una disciplina… anche perché non dimentichiamocelo: la GenAI non capisce.
La guida della GenAI sarà in mano a non-tecnici?
Il terzo e ultimo punto riguarda la guida degli sviluppi AI. Lo spunto mi è venuto da un articolo che sostiene che l’AI in azienda sarà guidata da un non-tecnico.
Sostengo la tesi opposta, o meglio: le aziende che avranno successo nell’uso dell’AI saranno quelle in grado di mettere figure di alto profilo tecnico in posizioni manageriali.
I motivi sono tanti. Innanzitutto vorrei smontare il cliché del tecnico a cui automaticamente mancano competenze relazionali e manageriali. Per chi non lo sapesse, le Big Tech sono basate su due tipi di figure chiave:
I Tech Lead (TL), bravi tecnici che diventano tecnici eccellenti
Gli Engineering Manager (EM), bravi tecnici che diventano manager eccellenti
Lì non esiste il “manager di professione” e la competenza tecnica è basilare e non è un optional: per non farsi ammaliare dalle parole del venditore di turno, per non cadere nell’ultimo hype, per non confondere realtà e fantasia. Poi naturalmente, non tutti i tecnici sono portati per ruoli di leadership… ma alcuni sì, almeno negli ambiti ad alta complessità tecnologica come l’AI.
E poi lo sappiamo tutti: l’AI si fa con Data scientists, ML engineers e varie figure tecniche, e chiunque vuole un responsabile da cui poter imparare qualcosa e che sia in grado di capire realmente il lavoro che uno sta facendo. Lo dice Harvard Business Review nell’ottimo articolo “Can You Be a Great Leader Without Technical Expertise?” e ne ho parlato per esteso in un articolo dell’anno scorso.
Questo non vuol dire che le persone senza un background tecnico siano in qualche modo tagliate fuori dal mondo della GenAI! Anzi, sarà un must per chi è nel mondo del business avere almeno una buona infarinatura di cosa è realmente l’AI e lavorare fianco a fianco con gli esperti di AI.
In quest’ottica, mi ha fatto molto piacere tenere una lezione all’Executive MBA della Graduate School of Management del Polimi, parlando di Dati, AI, innovazione e… ci saranno novità presto, stay tuned!
Conclusioni
Il 2024 è alle porte e la GenAI sta correndo.
È facile farsi spaventare dalla complessità crescente, avere una costante sensazione di essere rimasti indietro, cercare sempre e solo di inseguire l’ultima novità: spero con questo e con altri articoli di avere dato un po’ di spunti e fatto (forse) un po’ di chiarezza!
Siamo in tanti: quasi 1.200 iscritti che ricevono regolarmente gli articoli e tantissimi altri lettori occasionali! Non male per un blog in italiano, con 100% articoli originali. Condividete liberamente con chi può essere interessato, il vostro supporto (morale, visto che è tutto gratis!) mi spinge a portare avanti questa iniziativa.
Tanti auguri a tutti i lettori!
E data science, machine learning, advanced analytics e tutto quello che mi piace definire, in maniera un po’ vintage, algoritmi avanzati.
Sì, sto dicendo che ormai è assodato che il QI, cresciuto regolarmente in tutto il Novecento (effetto Flynn) sembra proprio aver cambiato rotta. Qualche informazione in più su Wikipedia.
Facendo ridere chi non conosce il settore, chi lo conosce e anche chi ci lavora direttamente (a patto che abbia un po’ di auto-ironia)!
Grazie Alberto, come sempre l'articolo è molto interessante completo e veloce da leggere.
Mi permetto solo di commentare la parte relativa alla guida (tecnica o non tecnica) delle aziende, a mio modesto parere la suddivisione tra “tecnici e non tecnici” non aiuta molto a indentificare a pieno l’identikit del manager moderno.
Un manager deve essere in grado di comprendere temi complessi d’accordo, ma non necessariamente in autonomia, per cui la sua competenza "tecnica" deve consentire di affrontare e risolvere un problema aziendale utilizzando a pieno: tecnologie, metodologie, processi, dati e capacità neuronali sue e delle risorse che l’azienda gli mette a disposizione.
Di conseguenza convengo con te che oggi (ma forse anche ieri?) non possiamo accettare manager che non sanno accendere un computer o che non sanno cosa è un momento di una distribuzione, ma dobbiamo però pretendere che viva/usi l’azienda come parte dei suoi meccanismi altrimenti abbiamo fatto un investimento “anche notevole” e senza un vero ritorno.
Auguri
Grazie Alberto, non condivido tutto ma questo articolo ed i tanti altri che hai scritto in precedenza permettono di chiarirsi bene le idee su quello che sta succedendo e farsi un idea propria.
Grazie mille!